venerdì 29 dicembre 2023

Quando si avvicina Capodanno...

Questo è il momento dell'anno in cui alla bocca dello stomaco iniziano a stazionare sensazioni che non so spiegare a parole...
E' un misto di ansia-depressione-nostalgia-voglia di piangere-tenerezza-calore-pace che si fa spazio dentro di me (ma forse sarebbe più consono ammettere che fa a botte) e a volte mi sento come se mi fosse passato un carrarmato sopra, psicologicamente parlando.
Non so, iniziano a frullarmi nella testa pensieri che fino al giorno di Natale/Santo Stefano non facevo, ovvero che dovrei impegnarmi di più in alcuni ambiti della mia vita, che per il prossimo anno non voglio più ritrovarmi per l'ennesima volta a essere in un certo modo, ecc ecc.

Me l'ha sempre fatto per l'ultimo dell'anno eh.
Non è che una cosa di ora.
Nè di qualche tempo recente.
Sempre fatto.
Forse si è acuito quando ormai tanti anni fa (quanti? 15?) proprio in questo periodo litigai con quella che era stata forse la mia migliore amica (senz'altro una delle persone a cui ho voluto più bene in assoluto) e venni a sapere che non ne voleva più sapere di me.
Così, di punto in bianco, da altri.
Fu una sensazione terribile.
Che lascia il segno. Ha lasciato il segno.

Forse è per quello che adesso, quando "scade" il periodo di Natale, subentra questo mix di ricordi a riempirmi il cervello e da un lato cerco di vivermi la vita come sempre, con il lavoro, la mia famiglia, la mia bimba... da un lato mi sembra di star vivendo ancora altri momenti del passato.
E i ricordi si fanno più nitidi in questo periodo.

Il ricordo di quando andavamo a Messa da bambine, i giorni della "Novena" e ci fermavamo a giocare a tombola nei locali della parrocchia.
Quell'odore forte di incenso e candele spente.
I vecchietti del paese, insieme a noi bambini, che urlavano i numeri che uscivano
Mia nonna che si siede accanto a me e quando esce il 77 grida "LE GAMBE DELLE DONNE!".

Noi bambini undicenni che facciamo parte del coro di Santa Cecilia e ci uniamo tutti in cerchio per decidere le ultime canzoni da cantare la sera di Natale.
Io amo da impazzire "Notte placida" ma al rigido Pievano no e non la possiamo cantare mai.
Il rigido Pievano: quello che ha vissuto tutti i giorni della sua vita con l'abito nero lungo e il collare. Sempre, non ha mai sgarrato.
E gli occhi  un po' accigliati.

Io che sento delle canzoni di Natale in lontananza, mentre salgo le scale dell'all'ora casa mia, e mi metto ad ascoltarle fissando il buio della valle di fronte a me.
E mi emoziono.

E così via, in una sequela infinita di ricordi riportati a galla da quel rumore o da quell'odore o da quella canzone o da quella voce risentita dopo tanto tempo.

Mi sento in balia di me stessa e della mia tristezza. Ma forse va bene così.


lunedì 27 novembre 2023

Un' avventura

E niente.
Sono qui.
Come ai tempi di Splinder.
Ho deciso di chiamare così questo blog perché io sono stata una blogger della prima ora, di quei tempi in cui avere un blog non era uno status symbol, semplicemente tutti ce l'avevano.
Non era come ora... non c'era un blog a tema, una cosa su cui scrivere per forza...ricette o politica.
No, scrivevamo un po' di tutto, seguendo l'impulso del giorno. Poteva essere il commento a una notizia, un'opinione su qualcosa, semplicemente il resoconto della giornata.
Oppure si scrivevano poesie inedite, racconti, magari un aforisma, una frase sentita.
Un po' come si farebbe adesso su Instagram o Facebook, quando qualcosa ci colpisce e lo condividiamo.
Perché lo condividiamo?
Perché sentiamo questo bisogno imprescindibile di dover condividere agli altri alcune cose di noi, dei nostri pensieri, delle nostre vite?
Non lo so.
Ma l'idea di aprire un blog, di seguire quella moda che stava andando tanto in voga in quel momento, mi entrò nella testa in un periodo non particolarmente facile della mia vita, all'età di 21 anni, alle prese con le crisi d'ansia e gli attacchi di panico, e così un bel giorno mi creai un account su Splinder (e quale altra piattaforma se no?) e iniziai l'avventura.
Era il 2004.
E fu un' avventura davvero, a ripensarci adesso. Mai avrei creduto tramite blog di riuscire a conoscere così tante persone (anche se solo virtualmente), di affacciarmi su così tante vite, di scoprire come anche gli altri potessero avere problemi così simili ai miei, e li condividevano, esattamente come facevo io.
Poi a quei tempi, per motivi che non so spiegare, non c'era tutto questo odio.
Se leggevi un post di un blog su cui non eri d'accordo, semplicemente non commentavi.
O se commentavi, lo facevi in maniera pacata e gentile, cercando di spiegare qual era la tua posizione in merito, senza ferire chi l'aveva scritta.
Ricordo benissimo il blog di una ragazza alle prese con l'anoressia.
Ci scambiavamo dolci commenti, nonostante le sue posizioni su alcuni concetti che io ritenevo basilari mi facessero paura.
Oppure il blog di una ragazza che militava in Forza Italia.
Io seguivo Marco Travaglio, per dire, eppure andavamo d'accordo.
Io non so a che punto del percorso si è persa la capacità di cercare punti in comune, anziché soffermarsi su ciò che ci divide, ma fatto sta c'è stato un tempo in cui potevamo essere diversi su tutto eppure si trovava comunque qualcosa che ci univa e ci faceva stare bene.
E poi c'era Pino Scaccia.
Il mitico Pino Scaccia.
Il compianto e mai dimenticato Pino Scaccia.
Proprio lui, il giornalista del TG1.
Quella voce calma e gentile di cui sotto sotto forse ero quasi innamorata e pendevo dalle sue parole e dai suoi racconti.
A quei tempi il blog di Pino era ai primi posti dei blog più famosi della blogosfera. Condivideva la classifica con Beppe Grillo, Macchianera, e non ricordo chi altri.
Ah sì, ne ricordo uno.
Enzo Baldoni.
E' stato grazie ad Enzo Baldoni che iniziai a seguire il blog di Pino.
Sono passati tanti e tanti anni e non ricordo adesso se di Enzo ne avevo sentito parlare prima del suo atroce rapimento o a cavallo, ma credo che fu prima, perché venne rapito in estate ed io in estate, d'agosto, chiudevo sempre il blog.
Da lì, scoprire un mondo nuovo fu un attimo.
Scrissi a Pino direttamente, via mail, facendogli i complimenti e chiedendogli il permesso di poter commentare anche io i suoi post.
E non feci in tempo a scrivergli, che mi rispose. "Certo che puoi, anzi devi!".
Commentare il suo blog diventò un impegno quotidiano, così come scrivere sul mio. E commentare anche altri blog che scoprivo ogni giorno, che amavo inserire poi tra i preferiti per non perderli.
Questa cosa è andava avanti fino alla chiusura di Splinder.
Ma la voglia di scrivere post si diradò sempre di più.
Diciamo che la chiusura avvenne in un momento in cui le persone si erano stancate di scrivere.
I blog stavano diventando monotematici e fonte di reddito, ma non erano più lo specchio dell'anima della gente comune.
Nello stesso istante, avevano iniziato piano piano a smettere di scrivere anche i miei amici dell'università (con i quali oltre a scriverci sui blog ci riempivamo di squilli su MSN) e molti dei blog che seguivo stavano mesi senza essere aggiornati.
Era passata la moda.
Lo tzunami aveva inondato tutto, ma ora la marea di stava ritirando, per non tornare più.
Ma se ci penso adesso, non so darmi una spiegazione a questo.
Forse l'avvento dei social, può darsi, forse non avevamo più voglia di leggere, non lo so.
So solo che smettemmo di amare scrivere, e che questa cosa in realtà, non fu sostituita da qualcos'altro.
Semplicemente finì.

Così come era inziata.
Da qualche tempo però mi è ribalenata nella testa quell'idea malsana e intrusiva di aprire di nuovo un blog.
Splinder non c'è più e non esiste neppure più una community come quella.
Sarà tutto diverso, mi sono detta.
Ma d'altronde, anche io sono diversa da all'ora.
Niente potrà più portare indietro quei tempi, ma io non mi metto a scrivere per ripeterli.
Mi metto a scrivere perché voglio un mondo diverso da quell'atmosfera cupa che vedo ogni qualvolta che apro Facebook, perché sono stanca di perdere ore a veder passare reel di Instagram che mi insegnano a come riordinare casa o pulire tappeti; perché mi sono resa conto che sfogliare con i pollici il cellulare è diventata una droga, al pari delle sigarette, delle abbuffate.
Non voglio vedere scorrere la mia vita nel tentativo di riempire il mio dentro con le vite degli altri che scorrono sullo schermo; se devo perdere tempo, allora voglio perderlo scrivendo, cercando di riempire i vuoti della vita con una miriade di parole.
Non sarà un blog a tema.
Non scriverò tutti i giorni.
Non darò lezioni di vita, né ti insegnerò a far qualcosa.
Sopratuttto, non sto scrivendo per te.
Se mi stai leggendo e sei arrivat* fino in fondo a questa pagina avrai perso del tempo anche te.
Ma ti prego, non mi mandare a fanculo nei commenti, per quello c'è Facebook.
Se ti va di lasciarmi un pensiero... fà che sia un pensiero gentile.